Ci siamo lasciate tra le acqua bollenti delle terme libere di Saturnia di notte e ci ritroviamo in Calabria.
Cos’è successo nel frattempo?
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E’ stata una settimana di molti chilometri e incontri che ci hanno fatto sognare, ma anche di amici, amiche, persone e luoghi a noi molto cari. Cinque anni possono essere un tempo breve, ma raramente davvero non è successo “nulla di che…”, di certo non lo si può dire per le realtà che, questa settimana ho avuto la gioia di re-incontrare.
La prima tappa è stato “L’asino e la luna”, un centro di permacultura sognato da Manuela Bocchino, sulle dolci colline di Cerveteri. Casa, terreno, vista mare e più di 4000 alberi piantati in cinque anni.
Ci incontrammo nel mio viaggio del 2019, purtroppo, nella fase più difficile della vita di questo progetto e ci ritroviamo ora nel suo “climax: momento d’oro, idilliaco, di grande soddisfazione” pur non senza fatica.
Sono stati cinque anni di completa trasformazione in cui Manuela, restata da sola in quello che doveva essere un progetto di coppia e collettivo, ha saputo prendersi cura di sé, della terra e delle relazioni umane e, proprio come una fenice, rinascere e far rinascere un sogno.
Ora questo luogo è la casa di un gruppo quasi completamente femminile, Manuela ha lasciato il suo lavoro dipendente per dedicarsi a ciò che ama, facilita formazioni, segue progetti in permacultura e insieme al gruppo residente organizzano moltissimi eventi. E’ un luogo vivo, vivissimo questo spazio!
Ci mostra il terreno e i cambiamenti straordinari che ha vissuto grazie all’impegno di questa donna e della comunità che è riuscita a creare ed è la tenacia, che non si traduce in sforzo ma in resilienza, il fattore chiave di questa trasformazione, unita alla volontà di mettersi in discussione e lavorare su di sé, ancora e ancora, al fine di collocarsi, nelle relazioni in maniera sempre più armoniosa e sostenibile.
La seconda tappa, una di quelle che più è rimasta nel cuore di chi ha letto il mio libro “Di questi tempi” è stata la cooperativa sociale “Al di là dei sogni” a Maiano di Sessa Aurunca, provincia di Caserta.
Avevo lasciato un progetto visionario che, ormai da dieci anni gestiva un bene confiscato alla camorra favorendo il reinserimento sociale di persone provenienti da contesti di grave marginalità.
Avevo lasciato un posto in cui avevo rimesso in discussione la mia scelta di lasciare il lavoro educativo perché seppur in pochi giorni di permanenza avevo percepito la capacità di vedere “l’altro” ed in particolare l’altro in condizione di fragilità come un essere umano dotato di talento, capacità: non “utenti” di un servizio, ma persone.
Avevo lasciato un luogo in cui dai desideri e dei SOGNI di queste persone nascevano progetti che era esattamente quello che avevo studiato ai tempi dell’università -il progetto educativo individualizzato- ma che, poi, nella realtà bolognese non avevo mai sperimentato.
Cinque anni dopo, sono tornata a Maiano e ho ritrovato un contesto che è ancora più grande, è ancora più sviluppato. La cooperativa sociale “Al di là dei sogni”, che nasce da un sogno e si fa realtà, è diventata, in questi anni ancora di più, un modello educativo, un servizio a cui persone di tutta Italia fanno riferimento e richiedono accoglienza.
Ho trovato nuovi spazi, nuove strutture, nuovi volti e volti conosciuti e quella sensazione che, sì, “ciascuno cresce solo se sognato”.
Quali sono le sfide di un progetto così?
Quali le soddisfazioni di un tale impegno?
Serviranno ben più pagine di una newsletter per raccontarlo e sarà l’inverno il tempo di mettere sulla carta tutto ciò che stiamo vedendo.
Me ne sono andata con la stessa sensazione che provo ogni volta che vengo qui: la voglia di restare più tempo.
Me ne sono andata però anche sapendo che ero in compagnia di un’ altra realtà molto molto interessante e che, quanto a cambiamenti, non ha scherzato per niente negli ultimi cinque anni.
Si tratta di Massimo Pastore, l’anima di Santi Migranti, e il suo compagno Antonio Maiorino che avevo lasciato in una casa in città a Napoli, con tanto di galleria d’arte e B&B e ritrovo in una borgata di 18 abitanti dell’entroterra casertano; località, che, ovviamente, ricorda quella dove abito io.
“Probabilmente era un sogno che risaliva a ben prima di Napoli”, mi dicono, e io mi entusiasmo ad osservare il tragitto che i sogni fanno per divenire realtà.
Un licenziamento, la stanchezza per un contesto urbano sempre più gentrificato e rumoroso, la voglia di ritrovare una dimensione più umana: tutto può nutrire la spinta di un cambiamento.
E’ stato un insieme di fattori che ha sostenuto Antonio e Massimo nella scelta di “cambiare vita”: dalla grande città a Foresta, comune di Tora e Piccilli, una delle frazioni più spopolate d’Italia che loro stanno facendo rinascere come borgo culturale.
E’ infatti la cultura e l’arte il cuore del lavoro di questa coppia che, in pochi anni, ha aperto, grazie al progetto “Resto al Sud” un presidio culturale “Corpo Celeste” dove si mangia e si beve anche prodotti locali di alta qualità e ridato vita alla loro associazione ventennale “Primo piano” riuscendo a coinvolgere persone, in particolare giovani del territorio, in attività culturali e teatrali.
E’ loro iniziativa la rassegna di teatro e musica d’alto profilo “Forestàte” nel borgo di Foresta che, in sole poche edizioni ha già ottenuto riconoscimenti e grande partecipazione.
Vedere un borgo ripopolarsi e farlo attraverso la cultura, agente di connessione tra generazioni ed origini differenti mi emoziona: allora si può fare!
La loro esperienza mi ispira e mi dà speranza.
La sera del sabato, presso “Corpo Celeste” raccontiamo la storia di questo mio viaggio e di quello precedente e della connessione tra i nostri progetti. Concordiamo, entrambi, sull’idea che né i miei viaggi né le opere d’arte di Massimo avrebbero dovuto esserci. “Sono cose che non avrei mai voluto fare” dichiara lui, trovando il mio accordo e riferendosi al fatto che in una società giusta, in cui tutti gli esseri umani hanno il diritto di muoversi in libertà e sicurezza, non ci sarebbe stato il bisogno di attivarsi per smuovere le coscienze e portare attenzione a ciò che sta accadendo, ancora e ancora, nel mezzo del Mar Mediterraneo, uno delle frontiere più pericolose del mondo.
Ci salutiamo, e come cinque anni portai con me i manifesti di #quiriposa, fogli stampati e distribuiti per non dimenticare le stragi dovute ad una politica violenta, ora ci salutiamo con l’impegno di portare un abbraccio forte all’isola di Lampedusa.
E il giorno dopo viaggiamo, a bordo del fedele Romeo, nella direzione di Napoli.
Questa volta non mi è stato possibile incontrare chi mi ospitò cinque anni fa, ma domenica 17 novembre è stato comunque un giorno indimenticabile.
In compagnia di Annamaria Senatore, donna, creativa e arte terapeuta a due passi dal diploma, abbiamo dato forma ad un laboratorio “sogno dunque sono” a quattro mani e due cuori.
All’incontro hanno partecipato anche due persone dell’equipaggio di terra di Napoli ed è stato potente ascoltare la loro testimonianza di lavoro, in mare, in Ucraina e in Palestina.
E’ stato un gruppo gentile e coeso, pur se composto da persone che non si conoscevano, quello che ha partecipato. Noi abbiamo incrociato le nostre professionalità dando vita ad un evento che, in tutto il viaggio, resterà unico.
Da questo incontro è nata una frase, che ci ha donato Cristina, una delle attiviste napoletane: “e a proposito di sogni, Mediterranea si occupa di salvare chi sta sognando”.
Sentire espresso dalle sue parole quello che è l’intento del mio viaggio è stato molto significativo per me: è stato come essere compresa, vista, colta nel profondo.
Spesso, in principio, ho avuto il sospetto di non riuscire a trasmettere il valore politico del sogno, ho temuto che parlare di “sogni” fosse recepito come “infantile” o “freak”.
Nel mio lavoro e nella vita porto il tema del sogno come una responsabilità personale che ha un impatto, come tutto quel che facciamo, nella società di cui facciamo parte: le persone che sognano e che realizzano i propri sogni acquisiscono, giorno per giorno, libertà e prendono coscienza, giorno per giorno, del proprio potere personale.
Quando si nutre la propria libertà e il proprio potere personale si smette di essere dipendenti dall’esterno e si diventa interconnessi, non si è più manovrabili e si diventa, attivamente, agenti di cambiamento, non solo nel proprio vissuto personale, ma nello spazio collettivo.
Questo è il motivo per cui ho scelto di sostenere Mediterranea: nasce da un sogno che diventa impegno collettivo per dare una riposta ai sogni e bi-sogni di chi non ha alternativa alla via del mare.
Ringrazio ancora Annamaria per l’impeccabile organizzazione e “Design sulmondo”, la galleria d’arte che ci ha ospitato con una magificamente sincronica mostra sulle navi che ha accolto e avvolto le nostre attività con grande bellezza.
Con il cuore pieno e molte idee che son arrivate in questo meraviglioso pomeriggio, abbiamo celebrato con una delle TOP10 best pizza della vita confermando lo stereotipo partenopeo e, il giorno dopo ci siamo rimessi in strada: direzione Calabria.
I primi giorni di questa settimana sono stati da un lato di lavoro e organizzazione per me e di “riposo”, prima di affrontare un altro weekend molto impegnativo quanto ad incontri e laboratori.
Ci aspettano infatti Cosenza, Lamezia con Progetto SUD e il Rosarno Film Festival.
Non vediamo l’ora!
E allora, buona strada a noi e buona strada a voi.
Che sia divertente, goduriosa e illuminata.
Con amore,
Barbara
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